mercoledì 8 ottobre 2008

Non Pensarci (recensione)



Non Pensarci (2007)
di Andrea Zanasi con Valerio Mastandrea

Il Vecchio Nuovo

Stefano Nardini è un chitarrista rock che a trentasei anni non è ancora riuscito a sfondare, e quando trova la sua ragazza, nell'appartamento di lei, con un altro, non ha posto dove andare, e si vede costretto a tornare dalla sua famiglia, che vive a centinaia di chilometri a Nord da lui. Ovviamente qui troverà che le cose sono tutt'altro che tranquille, e cercherà di risolvere i vari problemi con il fratello, la ditta sull'orlo del disastro, i genitori, la comunità.

Dopo aver letto una trama del genere, chiunque penserebbe alla solita minestra fatta di drammi personali, crisi di coppia (presenti), e qualsiasi altra cosa che il cinema italiano non esita a darci in continuazione. Su questo torneremo dopo. Molti critici hanno addirittura acclamato questo film, definendolo 'una boccata d'aria fresca', addirittura una novità; questo si giustifica nel fatto che non stiamo parlando di un film drammatico, o d'autore, ma di una commedia bella e buona ( inizio tragico, conclusione abbastanza positiva e personaggi 'classici', come la prostituta fonte di gag).
Il grande pregio di questo film sta proprio qui, in una forma estremamente fruibile a tutti i livelli, da un pubblico casuale a un più raffinato cinefilo. Ritmo estremamente serrato, tempi azzeccati alla perfezione (non è poco), situazioni molto divertenti e dopotutto mai banali, momenti più sentimentali. Troviamo poi attori che raramente sono così a loro agio in una commedia, mai stonati o sopra le righe, di buona caratterizzazione (se escludiamo alcune macchiette, che compaiono solo poche volte per fortuna): la recitazione, insomma, è più che convincente.
Non esito a dire che questo film è sicuramente una delle migliori commedie italiane degli ultimi anni. Qui, però, mi sorge una domanda: è questo un pregio? Ora spiego: questo film, visto da appassionato, mi ha lasciato un certo amaro in bocca. Non per la qualità, certamente discreta, quanto vedendolo nel contesto: desolante, a parte qualcosa di Soldini in Italia non c'è una commedia che non sia uno pseudo-Moccia o uno pseudo- De Sica (salvo rarissime eccezioni, come Pranzo di Ferragosto), difficile, troppo, trovare qualcosa di convincente nel panorama del brillante, se escludiamo quei film d'autore che un po' della commedia hanno, ma non si possono definire di questo genere.
Adesso torniamo al primo punto, che giustifica il discorso fin qui fatto: la trama non è certamente innovativa, e purtroppo la seguono a ruota i contenuti: tutto già visto, già masticato e rimasticato, dal tema della crisi della ditta, all'abusatissima crisi matrimoniale, al protagonista malvisto da qualcuno perchè lavora lontano, all'amico fuori di testa. Il regista ha anche cercato di sottolineare il problema dell'artita non riconoscito come professionista, ma a mio avviso in modo fallimentare e alquanto forzato.
Emblematicon el film è il personaggio del giovane politico, che ad un cert punto sfoga le sue frustrazioni: voleva cambiare le cose, lui, ma scopre di non aver nessun potere. La parbola del film: pensava di poter cambiare almeno qualcosa, ma è stato insufficiente.
Voto: 6/10

P.S.: questa recensione sembra una stroncatura, in quanto ho dato troppa enfasi a difetti appena percettibili, e ad elementi che poco interessao il pubblico medio. Anche per questo il voto sembra forse troppo alto. La prossima volta cercherò di essere più equilibrato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ottima recensione (anche se, nel complesso,leggermente contradditoria)! Purtroppo oggi come oggi risulta alquanto faticoso per un regista italiano, che abbia lo scopo di farsi apprezzare quanto dal pubblico quanto dalla critica, innovare un genere come quello della commedia all'italiana senza stravolgerne alcune basi.