giovedì 15 gennaio 2009

The Millionaire (recensione)



di Danny Boyle (2008)
con Dev Patel e Freida Pinto

Jamal Malik è un diciottenne orfano cresciuto nella baraccopoli di Mumbai. Si ritrova però a leggere la domanda finale da venti milioni di rupie nel noto show televisivo, pur non avendo ricevuto alcuna educazione, e viene arrestato e interrogato per presunta truffa. Così verremo a sapere della sua mirabolante vita.

Per parlare di questo film è bene partire dalla fine, più precisamente dai titoli di coda; alla conclusione delle vicende infatti assistiamo ad un ballo di gruppo in puro stile Bollywoodiano, o, se volete, in stile musical. Premesso che abbiate visto il film, se arrivate ai titoli di coda rimanendo sorpresi significa che avete capito ben poco, in quanto è sicuramente la scena che meglio rappresenta il film stesso. A questo punto tutto dipende da cosa vi aspettate da un prodotto cinematografico, qualunque esso sia. Con The Millionaire ci troviamo di fronte infatti a un puro divertissement, ignobilmente mascherato con facciata che illude che sia presente una qualche denuncia sociale o uno sfondo realistico. Il protagonista per tutto il film infatti racconta la sua vita disgraziata in una delle zone più povere del mondo, tra fanatismo religioso, criminalità, speculazioni, ma anche fratellanza e amore. Qui è obbligatorio parlare del piano su cui è rappresentata la vicenda: se un qualunque film, senza fare distinzioni, vuole rappresentare la realtà passa attraverso la finzione, quindi la messa in scena che siamo ben consci non essere la vera realtà. Qui Boyle va oltre: non rappresenta la realtà attraverso la finzione, ma mette in scena una realtà filtrata due volte dalla finzione. Fondamentalmente questo è il motivo per cui molto critico apprezzano Boyle, anche come 'innovatore'. Il problema è che così facendo si crea un'opera di buon intrattenimento forzando le situazioni e i sentimenti, e questo è molto grave quando si parla di realtà difficili come quella indiana. In pratica The Millionaire è un musical senza musica, un film falso che più falso non si può, costruito sull'illusione e sul fittizio; è una grande e bella bolla di sapone, solo che pochi se ne sono accorti, anche a causa degli aspetti più formali, come la regia troppo veloce che non ci lascia il tempo di pensare e di accorgerci che quello che stiamo guardando non è nulla più che fumo. Il tutto aggravato, e qui penso che tutti siano d'accordo, da una costruzione troppo macchinosa e artificiale, a volte addirittura ripetitiva (domanda- evento della vita-domanda...). Non è così che si fa cinema.
Voto: 4,5/10

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La recensione è molto interessante (e soprattutto controvento) ma, resto del parere che il tuo giudizio sia un pò troppo punitivo.
E penso che non avresti calcato la mano in piaghe così sottili se la critica in generale non lo avesse accolto in maniera sconsideratamente calorosa.
La tua scarsa indulgenza nei riguardi del film mi appare più come una protesta nei confronti di chi lo ha sopravvalutato attraverso motivazioni eccessivamente zoppicanti, che non come una stroncatura.
Come già accennato nemmeno io non ne sono rimasto molto entusiasmato ma, in fondo, penso che il suo obbiettivo fosse quello di lasciarsi guardare senza troppe pretese. Obbiettivo che, a mio avviso, è stato raggiunto sufficientemente.

Anonimo ha detto...

Anche se odio danny boyle come regista dare 4,5 a questo film mi sembra un pò esagerato. Al momento non l'ho visto quindi non posso esprimere opinioni in merito ma da quello che ha letto in giro non sembra cosi brutto. Stroncare cosi duramente un film che ha riscosso successo, di cui la critica ne ha parlato bene e che ha vinto molti premi mi sembra eccessivo. Forse qusta pellicola è stata un pò sopravvalutata, in ogni caso un 4 e mezzo secondo me non lo merita. Comunque aspetterò di vederlo per dare un commento più approffondito e un voto.